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PROVINCIA
Data pubblicazione : 01-05-2011

Primo maggio Un Primo Maggio che sia di speranza ma anche e soprattutto di impegno. Il messaggio del presidente Francesco De Nisi

Un messaggio fondamentalmente di speranza, ma in cui non si tralascia un'impietosa – quanto reale – analisi della crisi che caratterizza il Vibonese sul fronte del lavoro e dell'occupazione.


De Nisi  Francesco De Nisi, presidente della Provincia, coglie l'occasione del Primo Maggio per fare il punto della situazione e individuare le strade da percorrere per uscire dal target di un territorio «sempre più periferia della periferia» e trasformare la festa dei lavoratori dei prossimi anni in una festa "del lavoro che c'è" visto che, nelle condizioni in cui la provincia versa, oggi è più opportuno parlare di "festa del lavoro che non c'è".
Insomma il quadro è nero, ma De Nisi invita a tenere a duro, a «non gettare la spugna e, facendo ostinatamente ricorso all'ottimismo della volontà, continuare a pensare che un futuro migliore è possibile. Difficile ma possibile». Un processo che chiama in causa le varie articolazioni e i vari livelli del governo, da quello nazionale a quello prettamente locale. A tal proposito a parere del presidente dell'Amministrazione provinciale esorta i rappresentanti del Vibonese in seno alla giunta e al consiglio regionale di riuscire ad andare al di là degli schieramenti e «fare fronte comune per rivendicare, nella ripartizione delle risorse regionali, condizioni almeno paritarie rispetto ad altri territori. Come non capire – rileva De Nisi – che se sviluppo del Vibonese ci sarà, a beneficiarne saranno non i giovani di questo o quello schieramento, bensì i "nostri" giovani?». Un lavoro di squadra, insomma, quello auspicato, indispensabile anello di una catena che deve necessariamente innescarsi a livello regionale ma prima ancora a livello nazionale.
«La "madre di tutte le soluzioni" – spiega De Nisi – è indubbiamente una e passa per un totale cambiamento in senso meridionalista della politica economica del governo centrale, finora sempre più attento alle esigenze delle aree più ricche del Paese e colpevolmente disattento verso gli atavici problemi del Sud. Sappiamo bene – aggiunge – che questo significa una rivoluzione copernicana in quanto il governo centrale dovrebbe sottrarsi alla sempre più ingombrante tutela della Lega Nord, ma questa rivoluzione è una via obbligata per il possibile sviluppo della regione e del Vibonese in particolare. Non si tratta di chiedere elemosine – prosegue – bensì di rivendicare, ideare, suggerire politiche di sviluppo realmente produttive. Impegno del governo dunque a cui, a cascata, deve seguire quello dell'amministrazione regionale della Calabria che deve assumere come priorità la "questione" vibonese».
E nella sua analisi il presidente della Provincia non manca di guardare con occhio molto critico anche all'Ente che guida: «Non voglio nascondermi dietro un dito, perché nell'elenco dei fattori di sviluppo del territorio rientra a pieno titolo la Provincia che deve fare anch'essa la sua parte. Va però ricordato come la grave congiuntura economica nazionale, figlia per tanti versi della crisi internazionale, abbia pesantemente decurtato le risorse dell'Ente cui, al pari delle altre province, il governo centrale ha ridotto i consueti trasferimenti». Se a ciò poi si aggiunge la ridotta capacità d'indebitamento della Provincia, anche a causa dell'abnorme costo del personale «situazione cristallizzatasi sino al 2008», allora una delle priorità diventa il risanamento del bilancio. Una strada «virtuosa» che per De Nisi consentirà all'Ente di fare la sua parte ma sempre che qualcosa si muova a livello nazionale e regionale.
Infine il presidente della Provincia individua alcuni settori (piccola impresa, agricoltura, artigianato) in grado di offrire occasioni di lavoro e di sviluppo: «Sono tanti i settori nei quali, se si ha inventiva e coraggio, si può creare e trovare occupazione: penso alla tutela ambientale, alle produzioni tipiche, ai beni culturali, alle cooperative di servizi ecc. Inventiva e coraggio e non cultura dell'assistenzialismo fine a se stesso».



Tratto da: La Gazzetta del Sud

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